Cefalù, fra medaglie di latta e scaricabarile: la Regione richiede stanziamento per dragaggio fondale del porto e il lungomare sarà terra di nessuno

Se a ‘prissuliana’ è tutto una gara a intestarsi i meriti, sul lungomare va in scena lo scaricabarile

Ieri sera – giovedì 4 giugno – a seguito di una video conferenza col Prefetto di Palermo e i sindaci dei comuni costieri della provincia, il sindaco di Cefalù ha di fatto sventolato bandiera bianca. Rosario Lapunzina ha affidato a un lungo post su facebook il suo sfogo: ” I comuni non hanno risorse e mezzi per il controllo diffuso del territorio” tuona il primo cittadino.  “Ancora una volta – continua il sindaco – nonostante gli impegni a tutti i livelli a partire dal Presidente Conte, sembra che pure in materia di spiagge libere si vogliano scaricare ulteriori responsabilità sui sindaci con l’organizzazione ed il controllo del rispetto delle prescrizioni contro il contagio”.

Tutti abbiamo bene in mente le immagini e i video del due giugno

A quanto pare andrà così per tutta l’estate: i sindaci, compreso Orlando presidente dell’Anci – dicono di non poter svolgere il compito che gli viene affidato, per converso se e quando gli stabilimenti balneari riapriranno dovranno fare pulizia straordinaria degli arenili e, giocoforza, farsi carico della gestione delle spiagge anche quelle non a loro affidate.

La battaglia contro il coronavirus l’abbiamo vinta ma rischiamo di perdere la guerra

Due giugno. Assembramenti in tutte le aree della città – ma soprattutto sul lungomare. I dpi un lontano ricordo, probabilmente la paura di esser multati in caso di abbandono delle mascherine deve aver spinto molti a lasciarle a casa. Lo scorso due giugno non è stata rispettata la benché minima norma anti contagio e di distanziamento sociale. Vale per la spiaggia, vale per i locali. Per quanto si possa esser solidali con chi per mesi non ha incassato nulla, questa condizione non può fare da salvacondotto per intendere le regole come dei semplici ‘consigli’.
Il leitmotiv incarnato dalla procace signora palermitana, salita agli onori della cronaca per il suo famigerato “un cinn’è coviddi“, può essere per certi versi comprensibile in quanto il lockdown ha provato tutti noi, ma non va assolutamente legittimato. Sono davvero poche le persone che possono dire la propria in fatto di epidemie, e continuare a screditarli non ci porterà certo verso la verità e verso la vittoria contro il covid-19. Non ammettere o sminuire l’esistenza o la pericolosità del coronavirus, al contrario, fa il gioco del virus. E non ci sono scuse di sorta. Lo stress per stare a casa o comunque a movimenti contingentati, il fastidio delle mascherine ecc sono tutte inezie rispetto a morire da soli in un letto d’ospedale e non esser salutati dai propri cari. Dritti verso il tempio crematorio. Punto.
Il dato epidemiologico siciliano sta ormai diventando l’alibi per sminuire il virus e per sminuire le dovute precauzioni. Tutto questo è profondamente sbagliato, irragionevole e irresponsabile. Ma nessuno pare voglia metterci un freno. Anzi, è tutta una gara a chi la spara più grossa. E i media, ancora una volta, incarnano – nella narrativa dei novelli negazionisti – la voce degli oppressori.

Tutti piegati al dio denaro

Lo sterco del demonio, ancora una volta la fa da padrone. Una volta vi era la  ragion di Stato, oggi la ragion di cassa. Prima di puntare il dito contro Bergamo, Fontana e Gallera che non avrebbero decretato la zona rossa nelle valli bergamasche, sempre in ossequio a quanto richiesto dal dio del fatturato, sarebbe più corretto pensare che anche qui non si sta facendo meglio. Invece si agisce con la boria di chi crede di avere i numeri dalla propria parte, come se, questi numeri nel giro di qualche settimana –  continuando con questo lasseiz fairenon possano pesantemente contraddirli. Prudenza. Nel parlare, nel pontificare, nell’agire.
Guai a contraddire chi è per il ‘ritorno alla normalità’, il refrain è noto a tutti: “è facile parlare con lo stipendio accreditato sul conto”, “non abbiamo cosa dar da mangiare ai nostri figli”,  “e Conte KEFFA’?”.
E’ doveroso ricordare che la doglianza del ‘pane pi picciriddi‘ è saltata fuori già dopo una settimana di lockdown ed ha anche dato la stura ad una serie di saccheggiamenti ai danni dei supermercati che fortunatamente è stata presto arginata.
Un’altra riflessione a questo punto diventa necessaria: se il governo, a detta di tanti e soprattutto di chi si è lamentato dal primo giorno, si è dimostrato privo di qualsivoglia programmazione per affrontare l’emergenza covid, si potrebbe dire, nel piccolo, la stessa cosa a chi dopo una settimana (invernale) si è subito trovato senza quattrini.
Vi è una chiara specularità fra chi governa e i governati: entrambi si sono trovati inermi di fronte al virus ed entrambi non avevano un piano per le emergenze.
Sarà impopolare ma va precisato: chi si è lamentato della penuria di denaro già a metà marzo, fa parte in grandissima parte di quella pletora di lavoratori che ogni inverno si ritrova senza lavoro. Non è una novità per loro. L’inverno, nelle località turistiche come Cefalù, lo affronta meglio chi ha fatto come la formica nella fiaba di Esopo, e non le cicale. Magari, causa covid, sarà mancato qualche lavoretto per raggranellare qualcosa, ma a Cefalù l’inverno è “sempre freddo” al di là del dato metereologico. La stessa cosa varrebbe per i tanti esercenti che – puntualmente ogni inverno – hanno serrato le saracinesche per rialzarle in primavera. Fino a che punto si può parlare di mancati introiti?
E che dire di chi dichiara urbi et orbi di non aprire, con streaming terrorizzanti manco alla regia ci fosse qualche videomaker dell’Isis e poi qualche giorno dopo annuncia imminente apertura? O ancora chi rappresenta sul territorio la forza che è al governo ma manifesta contro quest’ultima? La serrata imposta dal governo per motivi sanitari non deve diventare l’alibi per far emergere problemi pregressi e tenuti sommersi.

E a Presidiana?

Anche li la situazione appare, per certi versi, grottesca.
La buona notizia è che la Regione Siciliana ha appena richiesto lo stanziamento 200 mila euro per dragare il fondale delle banchine di riva. La nota, a firma dell’Assessore Marco Falcone, parla di “lavori di somma urgenza per il livellamento e il dragaggio del fondale” e che “i lavori si rendono necessari per garantire livelli minimali di sicurezza della struttura”.
La struttura, ovvero il porto, rimane ad oggi destinato alla pesca, al turismo e al diporto. Nessun cambio di destinazione d’uso così come, ad oggi nessuna novità sul pontile a T. Ogni cosa a suo tempo.
Il dato grottesco è un altro, la richiesta di disponibilità risorse porta chiaramente la firma dell’Assessore Marco Falcone eppure, ancora una volta, all’ombra della Rocca, ci si spertica in ringraziamenti per un altro assessore. Quest’altro, che ultimamente sembra non sbagliarne una, appena ieri aveva  incassato il compiacimento dei più per avere scelto un uomo di alto profilo accademico come guida di uno dei parchi regionali siciliani. Complimenti che rinnoviamo sia a lui sia a chi è stato appena designato per la presidenza del parco.
Ma la domanda è sempre la stessa, che c’entra col porto?

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