Cefalù, in tanti sapevano ma non avrebbero fatto nulla: sviluppi sulle polmoniti atipiche al Giglio

Sono passate quarantotto ore dalla notizia sul sospetto caso di polmonite ‘atipica’ che avrebbe condotto alla morte, nel giro di pochissimi giorni una paziente del nosocomio cefaludese. (qui il precedente articolo)

Da quel momento non è stata pervenuta nessuna smentita ufficiale da parte degli enti e dalle persone direttamente interessate. Soltanto qualche whatsapp piccato quanto ufficioso, oltre a tentativi sempre meno velati di intimidiazione.
A far loro da grancassa ci ha pensato una certa ‘informazione’ che si professa libera ma dimostra nei fatti di non esserlo.

In compenso a dare nuovi input ci ha pensato A. R. il figlio della signora C.A., la paziente ricoverata al Giglio e prossima alle dimissioni, improvvisamente morta di polmonite in piena emergenza covid, senza nemmeno esser ‘degnata’ di un tampone.

La morte della signora, parrebbe esser stata trattata come una patata bollente di cui liberarsi in tutta fretta.
Il figlio della paziente, avrebbe mandato le prime PEC ai sindaci di Cefalù e Isnello (luogo in cui risiedeva la paziente) ed ai responsabili del Giglio già dallo scorso 20 Marzo.
Mail in cui denunciava, sempre più accoratamente, lo stato di cose all’interno della struttura ed il precipitarsi degli eventi.
Missive che non sarebbero state lette e ricevute da nessuno – a detta degli interessati.
Evento assai singolare quest’ultimo dato che, almeno per il sindaco della cittadina normanna, è lui stesso il titolare della pec del comune – basta effettuare una ricerca sullindice della Pubblica Amministrazione – e addirittura pare che le gestisca tramite un cellulare in suo possesso.

Tutto questo accadeva mentre da un lato si aspettavano le risposte di Albano circa la ‘visita’ della paziente palermitana, dove poi  è arrivata la timida smentita e le rassicurazioni circa la sanificazione dei reparti, e in un momento in cui il primo cittadino doveva ancora prendere quella posizione ferma e intransigente circa la trasformazione dell’ospedale cefaludese in struttura ibrida per la gestione dei pazienti covid.

Le missive di A.R. si sono ripetute nei giorni successivi a ritmi sempre più serrati ma non ha mai ricevuto risposta.

Ricordiamo che la signora C. A. sarebbe entrata al Giglio giorno 11 gennaio scorso e, in quei giorni di caos, era prossima alle dimissioni.

A questo punto, una serie di interrogativi sono sempre più leciti.
Perché in piena emergenza covid19 non si è potuto/voluto fare un tampone alla signora, anche solo per scongiurare la più remota delle possibilità?
Perché qualcuno avrebbe preferito prendersi questo genere di responsabilità e refertare la morte non prendendo nemmeno in considerazione la possibilità di un contagio?
Per quale ragione – se tutto fosse confermato – nessuno ha considerato meritevoli di risposta le denunce del figlio della paziente?
Perché qualcuno si è voluto assumere la responsabilità – nei fatti – di giudicare come eccessive le preoccupazioni del signor A. R. senza nemmeno il più timido dei tentativi di indagine?

Cosa e chi si sono voluti ‘coprire’ nei giorni immediatamente successivi alla visita della signora palermitana che – a detta di A. R. – aveva aderenze all’interno del nosocomio cefaludese?
Forse la signora di Palermo (D. P.), oltre alle succitate aderenze, aveva qualche rapporto di ‘affinità’ coi piani alti del Giglio e per questo non si è proceduto con gli atti di c.d. due diligence?
E’ vero che tanti operatori, a seguito di questa gradevolissima visitina, avrebbero chiesto a gran voce di esser sottoposti a tampone e sarebbero stati silenziati con atti e fatti ai limiti del mobbing?

A queste e a tante altre risposte dovranno rispondere, a vario titolo i diretti interessati.
Lo devono ai pazienti dell’ospedale, ai tanti operatori sanitari che ogni giorno si prodigano per salvare vite rischiando la propria, ai cittadini di Cefalù e di tutto il distretto, e alla memoria delle tante, troppe vittime di questo virus.

Di seguito riportiamo la una missiva del figlio della paziente datata 20 marzo

Il giorno 20/03/2020 alle ore 15:37, ha scritto:

alla cortese attenzione del Sig. Sindaco di Cefalù Dott. Lapunzina
e p.p.c. Sindaco di Isnello Avv. Marcello Catanzaro.

Il sottoscritto A. R., nato ad Isnello ed ivi residente  nella qualità di figlio della degente C. M. ricoverata presso l’ospedale fondazione Giglio di Cefalù nel reparto di U.O.C. Medicina Interna dal 11.01.2020 CHIEDO alla Signoria Vostra in qualità di Sindaco responsabile della salute pubblica del suo comune :

1) Chiarimenti in merito ai fatti accaduti nell’ospedale del comune di Cefalù reparto Medicina
Interna il giorno 16 marzo 2020 dalle ore 10 alle ore 13 in merito alla Signora di Palermo entrata
in reparto di medicina in periodo di restrizioni e severi controlli per contrastare il pericolo di
contaminazione in merito al coronavirus.
Persona poi risultata positiva al coronavirus.

2) Chiedo inoltre se oltre alla chiusura totale del reparto dalla ore 13 alle ore 16 e alla sanificazione
effettuata del reparto, sono stati effettuati i dovuti tamponi al corona virus ad infermieri e medici
e se sono stati messi in quarantena oltre al diretto medico da lei dichiarato.

3) Chiedo inoltre se nelle ore di caos in reparto dalle ore 13 alle ore 16 circa i degenti abbiano
usufruito della normale terapia e assistenza medica regolare.

4) Sono stati presi provvedimenti per eventuali comportamenti scorretti da parte del personale
sanitario del reparto.

5) Le chiedo cortesemente una risposta punto per punto quanto più celere visto la gravità del caso
e che lei certamente avrà già sindacato.

6) Come mai la Signora residente a Palermo, poi risultata positiva al corona virus, si sia potuta
spostare dal suo comune ed andare a Cefalù e sia stata accettata ad entrare.

Certo di una sua celere risposta la ringrazio anticipatamente e le comunico che il sottoscritto era in possesso di autorizzazione alla permanenza H 24 in reparto del caregiver/familiare i
Autorizzazione rilasciata dalla fondazione Istituto Giglio di Cefalù U.O.C. Medicina Interna  e confermata anche in periodo di restrizione per il corona virus.
Le ricordo inoltre che le mie richieste sono dovute in quanto parte in causa essendo H 24 in reparto, familiare diretto della degente C. e anche per la salute di medici e infermieri sempre in corsia del reparto e quindi a possibile contatto della signor di Palermo risultata positiva al corona virus oltre a tutti gli altri degenti presenti in reparto.

 

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