Qualcuno lo aveva detto mesi fa. Qualcun’ altro, come noi, lo aveva solo ipotizzato. In molti lo temevano.
E ieri è andata in scena sul viadotto Himera della Palermo-Catania quella parata di istituzioni che hanno latitato negli ultimi 12 mesi, che si sono da subito fatte sorde all’emergenza, che prese dalla smania di spendere e dare un seguito allo smacco subito dopo la costruzione della “strada degli incazzati” che per 6 mesi ha garantito, sola, la viabilità interrotta.
Non hanno ascoltato le opinioni dei molti esperti, secondo i quali poteva essere residuale la costruzione della bretella, ed era invece necessario concentrarsi sulla riapertura del viadotto sano, per garantire risparmio di milioni di euro e celerità nel ripristino di una pseudo normalità. Non li hanno ascoltati, a loro servivano i fatti. Ad una strada andava risposto con un’altra, ad una trazzera in salita e regolata da semafori si è risposto con una nuova strada con tutti i crismi, veloce, sicura, in regola.
Ma tutto ciò non era necessario. Alla luce dei fatti, se si fosse pensato prima di ogni cosa alla demolizione della carreggiata crollata ci si sarebbe trovati di fronte a molteplici vantaggi: il viadotto sano non avrebbe subito per diversi mesi il peso del suo gemello coricato su un fianco, la viabilità resa impossibile dall’assenza di vere alternative sarebbe tornata in tempi rapidi alla normalità, nessuna bretella sarebbe stata costruita, con tutto ciò che ne comporta.
Ma ovviamente fa molto meno rumore il ripristino di una sede viaria esistente piuttosto di una costruzione, per quel governo che ieri, in parata con il Presidente del Consiglio in testa, si è apprestato ad “inaugurare” il viadotto rimasto in piedi. Ma cosa c’è da inaugurare se nulla è stato fatto? Cosa c è da festeggiare quando ci si accorge che forse rilievi e riapertura si sarebbero dovuti fare un anno fa?
Ce lo stiamo ancora chiedendo, e ancora non abbiamo una risposta.
Paruscio Arianna