Le Madonie in rivolta per la fusione dei piccoli comuni

Ha suscitato reazioni forti da parte degli amministratori della moltitudine di comuni italiani con una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti la proposta di legge di alcuni parlamentari del Partito Democratico, che prevede un limite minimo di popolazione per gli enti locali più vicini ai cittadini pari appunto a 5 mila unità, e un obbligo di fusione per quei comuni con numero di abitanti sotto soglia. Sono subito saltati sulla sedia i sindaci dei “Piccoli comuni” – più di 5 mila in Italia e 205 solo in Sicilia, pari a più della metà degli enti comunali – e fra essi in rivolta anche quelli Madoniti. Negli scorsi giorni il sindaco di Castellana Sicula Pino di Martino e quello di Polizzi Generosa Giuseppe Lo Verde avevano già espresso le loro perplessità, aderendo di fatto alle posizioni dell’Associazione Nazionale dei Piccoli comuni italiani e bollando da subito la proposta come incostituzionale e assolutamente lesiva dei diritti e delle identità dei comuni.

Più o meno dello stesso avviso il Sindaco di San Mauro (Giuseppe Minutilla): “Sarebbe una legge punitiva considerato che i piccoli comuni sulla spesa pubblica incidono complessivamente intorno al 2,7%. Non si può cancellare con un colpo di spugna le comunità che sono la storia del nostro paese. Oggi i Sindaci sono l’unico baluardo di democrazia e non devono essere esattori nei confronti dei cittadini, ma devono essere in grado di erogare servizi come già fanno in un periodo difficile come il nostro.

Di opinione non distante è il sindaco di Petralia Sottana (Santo Inguaggiato): “Come amministratore non posso non condividere i processi di razionalizzazione e di riduzione della spesa. Ma l’obbligo della fusione per legge e’ una forzatura che ha come primo risvolto la riduzione degli di spazi di democrazia e partecipazione. Con gli opportuni correttivi e con obiettivi più puntuali, le Unioni dei comuni mantengono la loro validità. Non escludo le fusioni purché avvengano come scelta delle comunità interessate e per cui occorrono tempi più congrui. Inaccettabile il taglio delle risorse ai comuni che non si adeguano. “

piccoli comuniPer Magda Culotta, sindaco di Pollina e deputato in quota PD la vicenda può essere così riassunta: “Un conto è la necessità di razionalizzare costi e servizi, ben altra cosa è la perdita dell’identità culturale dei Comuni e la cancellazione di un bagaglio enorme fatto di identità e tradizioni millenarie. Comprendo lo spirito – aggiunge – ma non condivido la proposta. Da sindaco, chiamato da cinque anni e mezzo ad amministrare una piccola comunità, mi rendo conto di quanto sia difficile e per certi versi anche impensabile un percorso di questo tipo. Intanto perché si fa già una fatica enorme a rispettare i tempi obbligatori dettati dalle norme vigenti in materia di servizi associati. E poi perché la cancellazione di tanti piccoli comuni rappresenterebbe una perdita di identità per tutti quei cittadini che vivono in realtà piccole ma piene di storia, di cultura e di tradizioni. La diversità, soprattutto nella storia del centrosinistra, ha sempre rappresentato un punto fermo e una ricchezza su cui investire. In un Paese fatto di tante periferie e aree interne rischiamo di dare un colpo mortale alle piccole comunità, accelerando l’emorragia e la fuga di abitanti che sta portando a un lento ma inesorabile spopolamento”.

Altra è invece – secondo l’Onorevole – la bontà del percorso che, ad esempio, si sta portando avanti nelle 23 aree interne del Paese con sistemi di convenzione o con le unioni dei comuni che “mettono insieme funzioni precise e si danno una governance regolata. Ed è questa, a mio avviso, l’unica strada percorribile con l’intento di rispondere ai criteri di efficienza, efficacia ed economicità, con l’impegno parallelo di trasformare, in poco tempo, il disegno di legge Borghi – Realacci in legge, così da valorizzare i piccoli comuni, e dare maggiore sostegno ai tanti piccoli ma grandi, campanili italiani”.

A fronte di queste considerazioni, molti cittadini potrebbero temere di vedere dissolversi la propria identità espressa spesso in ordine al nome del paese in cui vivono, in un territorio come quello madonita dove il senso di appartenenza e il radicamento alle proprie piccole realtà è fortemente caratterizzante. Spesso infatti è la “logica dei campanili” a prevalere e non poche sono le occasioni di inasprimento tra comuni o all’interno dello stesso ente per un’impropria distribuzione delle risorse tra località dello stesso collettivo sociale. Quello proposto è un passo verso il quale amministrazioni e cittadini devono arrivare preparati, per non generare storture e malumori, e che rappresenta comunque il futuro del governo del territorio verso una dimensione ottimale che garantisca un alto livello di servizi – al contrario di quanto succede attualmente – a fronte di una tassazione mantenuta a livelli accettabili per non gravare sulle tasche dei cittadini.

Un processo che comunque non vedrà scomparire le identità storiche o culturali, che non corrono rischio alcuno: esempio ne sono molte zone d’Italia dove questo processo è già in itinere. E’ a questo punto innegabile l’esigenza di iniziare a pensare in modo territoriale, immaginando un complesso di tante unità, le Madonie appunto, dare vita a percorsi virtuosi e di crescita dal mare alla montagna.

 

Sofia D’arrigo
Arianna Paruscio

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