A Cefalù è di scena “Itinerari nell’Arte” di Cosimo Cimino.

Dal 21 luglio fino al prossimo 6 agosto presso l’Ottagono Santa Caterina, sarà allestita la mostra design-literry made in Cefalù “Itinerari nell’Arte”. Un titolo dal tenore assai poetico.

Un palinsesto artistico per il pubblico, che avrà solo l’imbarazzo della scelta: dall’itinerario ecologico della canette de coke, dalla sezione Labo materio, dedicata all’innovazione che presenta sorprendenti prototipi sviluppati dall’artista. E ancora creatività e didattica con futur-heritage.

Cosimo Cimino, tra i più interessanti artisti italiani dell’ultima generazione, è uno di quelli che ha lasciato e continuerà a lasciare un segno, inserendosi tra le maglie dell’art system internazionale: fisso da qualche anno a La Spezia ha realizzato diverse mostre in sedi private e istituzionali.

E’ un artista complesso, che ha riversato nella ricerca una lunga formazione umanistica, spaziando dal campo dell’architettura, a quello della filosofia e della fotografia. Da qui il suo immaginario, personalissimo, costellato di immagini dense di rimandi intellettuali, algide come simboli universali dove la profondità e il rigore del pensiero danno forma e sostanza all’universo iconico dell’immagine, da cui il timbro emozionale e il fine rappresentativo sono esclusi, in favore di una nuda presenza concettuale ed estetica.

Ne deriva un effetto d’insieme apparentemente caotico e compresso, ma al contempo definito ed armonico. Lungo una direzione univoca, determinata da una sorta di ravvicinato vis à vis tra opera e pubblico, si scandisce lo spazio scenico, secondo ritmi irregolari e atipiche commistioni di stili, generi e geometrie. I fondamenti stessi dell’esporre e del fruire un’opera vengono rimessi in gioco e contraddetti, essendo non più il corpo in movimento e l’occhio immobile, ma esattamente l’opposto.

Cosimo Cimino, porta avanti un’indagine mentale e insieme viscerale intorno alla materia, perlustrando i confini invisibili del mondo: gessi, legni, carta e metalli si tramutano in congegni dal sapore archetipico, forme assolute e vive con cui scandire ritmicamente il trascorrere del tempo e l’estensione dello spazio. Tra combustioni di burriana memoria, vibrazioni di nero-carbone, tensioni dinamiche tra piani e volumi, le opere inseguono l’essenzialità della forma e del colore, offrendosi allo sguardo come enigmatici totem da cui emanano forze primigenie. Il senso recondito dell’opera, al di là di narrazione e rappresentazione, si fa dimensione estetica, geometrica, tattile, visiva, corporea, musicale.

Nel lavoro di Cosimo Cimino il termine “significato” andrebbe inteso più come “suggestione” e fruito in tal senso. Testo, effetti di luce, posizionamento all’interno del contesto architettonico, colore, gestualità, forza della luce, tutto ciò gioca un ruolo nel processo di percezione, in cui si allude a qualcosa di nuovo, di non presente e questa suggestione poetica del nuovo e dell’altro rimanda alla capacità dell’opera d’arte di puntare a qualcosa di nuovo, di interessante e di diverso.

Testo, luce, colore, un preciso spazio architettonico o naturale, materiali solidi, stabili, resistenti, o effimeri, transitori, fluttuanti, sono distribuiti uniformemente in tutta l’opera.

Visionari, psichedelici, poetici, tutte quante le opere mettono in scena, grazie a un raffinatissimo utilizzo della composizione grafica, piccole storie senza nome e senza tempo, create a partire da una rielaborazione fantastica del quotidiano: volti, gesti, colori, odori, suoni, frammenti di paesaggi. Come dei collage in movimento, la sua arte si sviluppa nel segno di una ricombinazione lirica, che fa della leggerezza una qualità intrinseca, un timbro costante…

Niente roba compiacente e compiaciuta, di quelle che foraggiano l’entourage salottiero di un’arte un po’ ammiccante, invischiata nel trendy a-tutti-i-costi. Una mostra autentica, “Itinerari nell’Arte”, che ci induce al ragionamento.

In tempi di crisi, ma soprattutto d’inquinamento, la prima regola è: non si butta via niente. Specie quando si tratta di materiali plastici o altro.

Il critico Ludovico Geirut a proposito di Cimino dice: “Pur se non l’ho frequentato con assiduità, ma avendo avuto l’opportunità di conoscerlo e conseguentemente di stimare un artista a tutto tondo qual è Cosimo Cimino, non mi sorprende più di tanto la grande attenzione da parte di vari addetti ai lavori, nonché del pubblico più preparato e sensibile, per la sua mostra titolata “Itinerari dell’arte”.

In verità, andando con la memoria alla grande collettiva “Pietrasanta e Cefalù. Gemellaggio d’Arte” tenutasi tra il settembre e l’ottobre del 2015 a Pietrasanta, da me organizzata assieme a Giuseppe Parisio durante la quale Cimino espose una delle più belle e significative opere, ciò che si evince dalle sue creazioni è l’intensità di una ricerca inesausta, che va al dunque senza tentennamenti.

Opere come “Sta molto male” o “a come amore” non sono nate dalla casualità, ma dall’attenzione a quella realtà dalle luci e dalle ombre che è dei nostri giorni come del passato.

Cosimo Cimino racconta e si racconta, interpreta col segno e col colore e – usando la tecnica del collage – consegna al cosiddetto fruitore il proprio ‘Io’, il meglio di sé, dando visibilità alla sua terra siciliana e in particolare all’amata Cefalù.

E’ uno degli artisti di punta – mi si consenta evidenziarlo – a cui sono grato anche per la continuità con la quale non si affievolisce quel dialogo per cui nel 2015 il sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni, oggi senatore della Repubblica Italiana, affermò che era la prima volta che si instaurava un “… un dialogo diretto con una città italiana: Cefalù. Una distanza colmata dal mare e da molte somiglianze. Si tratta in entrambi i casi di centri di grande creatività, che hanno ispirato e continuano ad ispirare le più disparate forme espressive”.

E’ indubbio che il merito va anche a Cosimo Cimino.

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