La Riforma dell’acqua è incostituzionale

E’ stata bocciata dalla Corte Costituzionale, dopo il ricorso proposto al Consiglio dei Ministri, la riforma dell’acqua pubblica votata dall’Assemblea Regionale Siciliana nel 2015. Dichiarandola incostituzionale, la Corte fa decadere utti gli effetti della norma a cominciare dai paletti che venivano imposti ai privati per gestire il servizio.

In particolare, la Consulta ha sanzionato una “invasione di campo” della Sicilia su materie la cui decisione spetta allo Stato. Sono così venuti gli articoli che rivoluzionavano la determinazione delle tariffe e la durata e le modalità delle concessioni agli affidatari. Ad esempio, bocciato il passaggio che prevede un limite di nove anni per le concessioni ai privati, a fronte di una durata illimitata per gli organismi “in house”. Norma che finirebbe per violare il principio costituzionale di tutela della concorrenza “che non ammette discriminazioni in base alla natura – pubblica, mista o privata – del soggetto affidatario”.

La Regione aveva infatti attribuito il compito di stabilire le tariffe alla stessa giunta regionale, quando secondo le norme statali il compito spetta all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, nell’ambito della convenzione tipo. Bocciata pure la norma che prevede che gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e tutte le infrastrutture del Servizio idrico possano rimanere di proprietà degli enti locali, così come quella che consentiva la gestione diretta del servizio da parte dei Comuni, anche in forma associata, e tramite la costituzione di “sub-ambiti” all’interno dell’Ato idrico.

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