Il tempo di provarci davvero

aperturaportasanta 3Sono ancora forti i rimbombi dei colpi sparati nella notte del terrore parigino: suoni sordi che non si scordano facilmente e trovano eco nel battito cardiaco di ogni cittadino d’Europa che, già dal mattino seguente a quel 13 novembre, ha ripreso la sua vita quotidiana. La paura però non ha interrotto il flusso ordinario che macina il tempo in questo mondo, in questo momento storico: fermarsi non è un’opzione.

Lo sa bene Papa Francesco, la cui storia spopola nelle sale cinematografiche con la pellicola “Chiamatemi Francesco” ad opera di Daniele Luchetti, dimostrando che la missione cristiana non teme il male, ma lo condanna a suon di misericordia, cioè di perdono. Così si è alzato in volo con la sua veste bianca verso Bangui, un’altra periferia del mondo, in Africa e, con la semplicità che lo contraddistingue, ha spalancato la porta della cattedrale di una città sventrata dalla violenza, per divenire città santa. Papa Francesco ha intriso la chiesa di bontà, spiazzando tutti, interrogando molti, insospettendo alcuni: l’8 dicembre ha avuto inizio l’anno giubilare con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, alle spalle la più bella  piazza di Roma era gremita e commossa. Il vescovo di Roma ha certamente accorciato le distanze tra l’istituzione ecclesiale e il cuore della gente, dispensando parole di mitezza e vicinanza, collezionando gesti di genuina semplicità.

aperturaportasanta 6L’indizione dell’anno giubilare, dedicato alla misericordia, rappresenta per tutta la Chiesa l’occasione per mettere a frutto le riflessioni portate avanti durante il Sinodo delle Famiglie prima e dal convegno ecclesiale della Chiesa Italiana poi. Tutti siamo chiamati cioè a fermarci ma per vivere un’attesa fruttuosa e non sterile; dodici mesi in cui ciascuno possa guardarsi dentro e solo dopo, guardarsi attorno, perché la chiesa è anzitutto assemblea, popolo, gregge; un tempo utile per prendere coscienza dei tanti limiti che un’aggregazione fatta di uomini ha e a volte pare ostentare; un tempo per condannare la corruzione, la violenza e la depravazione lasciandosi alle spalle “l’uomo vecchio”  e aprendo il cuore all’uomo nuovo.

Gli stessi gesti di misericordia e grazia sono stati replicati in questi giorni anche dal nuovo arcivescovo di Palermo, Mons. Lorefice, che ha già aperto le porte dell’opera Pia Cardinale Ruffini a 18 famiglie ma è ben consapevole della più profonda problematicità dei bisognosi di Palermo.

Domenica 13 dicembre anche la Diocesi di Cefalù si è radunata nel sagrato della sua cattedrale per compiere il rito dell’apertura della porta santa. Il momento è stato contrassegnato da una forte simbolicità, come ha ribadito nell’omelia a seguire il vescovo Mons. Vincenzo Manzella: “Attraversare una porta presuppone un passaggio; è come passare a un’altra riva, lasciando alle spalle tutto ciò che sa di povertà e miseria […]Si apre per entrare, entrare in una nuova realtà per sperimentare la gioia dell’accoglienza e abbandonare ogni forma di paura e di timore. Entrare per sentirsi al sicuro.” Il monito è dunque quello di una vera e profonda conversione, è cogliere l’occasione di un tempo favorevole al cambiamento e improntarlo con gesti di reale misericordia. Oltrepassare la soglia della cattedrale è una scelta personale, ma essa può trovare compimento pieno e autentico solo nell’operosa azione caritatevole di ciascuno: dai pastori ai laici; dai credenti agli scettici; dai ricchi ai poveri; dagli amministratori ai cittadini.

Il Natale alle porte non può che essere un’ulteriore richiamo all’esigenza di gesti concreti che recupererebbero forse la fiducia che è necessario rimanga costante fra le istituzioni e la gente: ma nessuno si aspetta miracoli, del resto il Natale è più famoso per i proclami di buone intenzioni che per la realizzazione delle stesse. 

Sofia D’arrigo

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