Immenso!

           C_29_articolo_1042674_upiImgLancioOrizAvevo 13 anni. Era il 14 febbraio 2004, la sera di San Valentino, la vigilia del compleanno di mia madre. Accesi la tv e non si parlava d’altro. Era morto Marco Pantani, uno dei più grandi ciclisti italiani e forse anche oltre. Uno di quelli con “le palle” che non aveva paura di scattare, di andare in fuga a decine di km dal traguardo. Perché consapevole della sua forza, sicuro del fatto che nessuno potesse fermarlo, o quantomeno, nessun ciclista. Sei anni prima il pirata aveva trionfato al Tour de France, a 33 anni dalla vittoria dell’ultimo italiano, Felice Gimondi. Era il 14 febbraio 2004 e quel giorno dentro ogni italiano che segue lo sport si accese qualcosa. Molti, me compreso, iniziarono a seguire il ciclismo quel giorno, innamorandosi delle gesta di Marco Pantani, rivedendo tappa su tappa le sue imprese. E cercandone uno nuovo.

Quell’anno al Giro d’Italia prese parte un promettente ragazzino 23enne, Damiano Cunego. Lo vinse prendendosi quattro tappe. Pensai che avesse il talento ed ogni presupposto possibile per scrivere la storia. Ma non riuscì a ripetersi più.

Mi sono illuso ancora 4 anni dopo. Riccardo Riccò, secondo al giro d’Italia, due vittorie di tappa al Tour. Ma “col trucco”.

E ancora Ivan Basso, forte, fortissimo, due giri d’Italia vinti, due podi al tour, ma mai sul gradino più alto.

Sono passati dieci anni dal 14 febbraio 2004 Tanti. Tanti che Vincenzo Nibali non era ancora pro. Lo diventò l’anno dopo. Senza mai andare oltre le righe, lavorando con professionalità, con umiltà, con lealtà, pensando un passo alla volta al successivo traguardo da raggiungere. Come la Vuelta del 2010, come il Giro nel 2013. Come il Tour de France oggi. Come Jacques Anquetil, come Felice Gimondi, come Eddy Merckx, come Bernard Hinault, come Alberto Contador. E come nessun altro.

Oggi Vincenzo Nibali è nella storia. S’è preso la maglia gialla a Sheffield, nella seconda tappa. Se l’è tolta solo per un giorno. E’ rimasto in vetta alla classifica generale per 19 tappe su 21. Vincendo con un larghissimo successo, 7’52’’ su Pinot, come nessun altro negli ultimi diciassette anni, dietro solo ad Ullrich, nel 1999, negli ultimi trenta.

Con gli Champs Elysèes ad urlare il suo nome. Con una dedica alla sua terra, la sua Sicilia, la sua Messina. Con la classe di un principe, la grinta di uno squalo. Chiudendo un cerchio lungo sedici anni. E forse, proprio per questo, anche col sorriso fiero di un pirata.

Sei storia, immenso Vincenzo!

Angelo Giordano

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