Alitalia–Poste, una trovata all’italiana

Avevamo già parlato degli errori strutturali e di mancati piani strategici da parte della dirigenza d’Alitalia un anno fa. Oggi siamo giunti alla conclusione che le previsioni di quel focus erano giuste, e vediamo gli effetti alitalia-300x281dannosissimi che quella sbagliata politica di privatizzazione portò. A noncomprendere gli effetti allora descritti sembrano essere, invece, i politici, pronti a far entrare un’azienda pubblica come Poste italiane nel capitale d’Alitalia per salvaguardarne l’«italianità» e non far fallire l’azienda. Ma è davvero la mossa giusta?

Analizzando il «piano Fenice» del quinquennio 2009–2013 possiamo notare alcune gravi mancanze nel modello di business d’Alitalia. Proprio dal modello di business, dal mix d’offerta tra breve, medio e lungo raggio, infatti, arrivano le gravi mancanze dell’ex «compagnia di bandiera». Sui voli brevi, il costo medio per posto-km offerto è piú alto rispetto ai voli lunghi, e il cosiddetto passenger load factor, il tasso d’occupazione dei posti, è mediamente minore. Il maggior costo unitario deve quindi essere recuperato da tariffe al chilometro maggiori rispetto ai voli lunghi. Ma, dopo la nascita dei vettori low-cost, in grado di sfruttare vantaggi di costo non replicabili dai vettori tradizionali, le compagnie tradizionali si sono dovute «riformulare». Infatti, se con tariffe minori di quelle proposte i vettori tradizionali perderebbero sul breve e medio raggio dei voli interni all’Unione, essi riescono a guadagnare sul totale della loro offerta.

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