L’Indipendentismo Siciliano, ieri ed oggi

Il percorso dell’Indipendenza della Sicilia, che non si è ancora completato,
riprende oggi, con il crollo della democrazia nella Repubblica Italiana, con
maggiore vigore e determinazione.
Iniziato con i Vespri Siciliani, proseguì con le rivolte del 1647 di Messina e
quelle dell’anno successivo, che si ampliarono in tutta l’isola, per istituire
una repubblica indipendente.
Degna di nota è la rivolta di Messina, tra il 1674 ed il 1678, che si sollevò
contro la dominazione spagnola. Messina ambiva a diventare una repubblica
mercantile sulla falsariga di Genova e Venezia. La rivolta fu repressa nel
sangue e la città ribelle venne dichiarata “morta civilmente”.

bandiera
Si ebbe una nuova rivoluzione nel 1820, a Palermo, che portò all’insediamento
di un governo provvisorio, dichiaratamente separatista.
Tuttavia, la mancata coordinazione delle forze delle varie città siciliane,
condusse all’indebolimento del potere del governo provvisorio (Messina e
Catania osteggiarono la rivendicazione di Palermo a voler governare l’Isola),
che ben presto decadde sotto i colpi della repressione borbonica che ebbe come
vittima anche il patriota carbonaro Gaetano Abela.
Il fallimento di questa prima rivoluzione tuttavia non scoraggiò le forze
sicilianiste, che riproveranno a rivoltarsi circa 20 anni più tardi.
Nel gennaio del 1848, dopo una prolungata crisi economica, a Palermo, a
Chiazza dâ Feravecchia, vi furono sanguinosi scontri, a seguito dei quali
l’esercito popolare riuscì a scacciare la luogotenenza generale e gran parte
dell’esercito borbonico dalla Sicilia, costituendo un «Comitato generale
rivoluzionario».
Il Comitato generale istituì un governo provvisorio a Palermo.Tra le
felicitazioni generali, Ruggero Settimo, venne nominato presidente.
Nonostante l’appoggio concreto delle città siciliane al governo provvisorio di
Ruggero Settimo, le aree rurali divennero scarsamente controllate e agitazioni
contadine misero in serie difficoltà le amministrazioni locali. La repressione
borbonica fu inevitabile e nell’estate del 1849 decretò la fine
dell’esperienza
del 1848-1849 e la creazione di una frattura totalmente insanabile tra la
classe politica siciliana e quella napoletana, gettando di fatto le fondamenta
per l’appoggio alla spedizione dei mille, vista inizialmente come “ultima
spiaggia” per potersi liberare dai Borboni.
L’Indipendentismo Siciliano si basa su due principi, secondo i quali:
la Sicilia è una Nazione che possiede una propria storia, una propria cultura
e una propria lingua;
la Sicilia non raggiungerà il suo massimo sviluppo culturale, sociale ed
economico, qualora essa continuasse a fare parte del sistema statale italiano
o
non avesse una propria architettura statale indipendente, responsabile e
autonoma.
Caposaldo di tale corrente politica è la totale avversione all’associazione a
delinquere “Cosa Nostra” e a qualsiasi organizzazione di stampo mafioso, con
le
quali, invece, alcune formazioni politiche e addirittura organi dello Stato
Italiano continuano dagli inizi del XX secolo a colloquiare e a trattare.

Tutto il secolo XIX si impregnò di ideali indipendentisti e nazionalisti. Il
popolo spesso organizzava rivolte, che si tramutavano in rivoluzioni non
appena
coinvolgevano la classe borghese dell’Isola.
Se nel Continente, però, questi ideali venivano canalizzati da un’élite o da
un’avanguardia borghese in attività concrete, in Sicilia prevalevano movimenti
liberi, che di rado si organizzavano e facevano riferimento a punti stabili,
anche per colpa di una classe politica che non è stata mai capace di
interpretare la volontà popolare o di approfittare delle situazioni
favorevoli.
Questo spiega il fallimento delle rivoluzioni isolane e l’intermittenza nel
tempo dell’interesse del popolo alla causa indipendentista.
Nella notte fra il 15 ed il 16 settembre del 1866, circa 4.000 contadini dalle
campagne circostanti Palermo, raggiunsero la città, l’assaltarono e spinsero
la
popolazione alla ribellione. Fonti governative parlarono di 40 mila uomini
armati.
Alla rivolta parteciparono anche ex garibaldini, pentitisi di aver appoggiato
la spedizione dei Mille, per le gravi conseguenze che si erano prodotte in
Sicilia.
La Marina italiana, coadiuvata da quella inglese, decise di reprimere la
rivolta, bombardando la città dal porto. Fu un’ecatombe: un migliaio di morti.
I sopravissuti vennero arrestati ed in alcuni casi condannati a morte.
L’indipendentismo siciliano avrà un altro periodo di lustro dal 1942 con il
MIS (Movimento Indipendentista Siciliano). Il Presidente fu Finocchiaro
Aprile.
In esso confluirono esponenti politici eterogenei, fra cui il socialista
rivoluzionario Antonio Canepa, poi comandante dell’Esercito Volontario per
l’Indipendenza della Sicilia, e Giovanni Guarino Amella, che poi si defilerà
preferendo una soluzione autonomista.
Altri leader separatisti furono i grandi proprietari terrieri: il barone Lucio
Tasca Bordonaro, poi nominato sindaco di Palermo nel 1943 dagli Alleati,
Stefano La Motta barone di Monserrato, i monarchici Guglielmo Paternò
Castello,
duca di Carcaci e il principe Giovanni Alliata, il barone Nino Cammarata, gli
avvocati Attilio Castrogiovanni, Antonio Di Matteo e Sirio Rossi, Concetto
Gallo, Rosario Cacopardo ed Antonino Varvaro.
Nella primavera del 1944, per imprimere maggior vigore alla lotta, il CIS fu
sciolto per dar luogo al Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS).
no del 1944, durante il primo congresso che si celebrò a Taormina,
venne presa la decisione di passare alla lotta armata, anche in risposta alle
continue ed arbitrarie violenze (si veda ad esempio la strage di via Maqueda
che si consumò a Palermo proprio durante il primo congresso indipendentista)
che venivano perpetrate dalle forze dell’ordine italiane ai danni di sedi ed
esponenti del MIS.
Sotto la spinta dell’ala oltranzista, il MIS tentò l’insurrezione separatista
con la formazione dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia
(EVIS), la cui attività di guerriglia e resistenza fu talmente veemente che
per
contrastarla il governo fu costretto ad inviare in Sicilia l’Esercito
Italiano.
La mattina del 17 giugno 1945 Canepa fu ucciso in un conflitto a fuoco, in
contrada Murazzu Ruttu presso Randazzo, sulla strada statale 120. Insieme a
lui
morirono il braccio destro, Carmelo Rosano di 22 anni, e Giuseppe Lo Giudice,
di 18 anni.
Il posto di Canepa fu preso da Concetto Gallo, che portò quell’anno a
un’alleanza militare con le bande dei “Niscemesi” e di Salvatore Giuliano, che
fu nominato colonnello dell’EVIS e compì diversi attacchi alle stazioni dei
Carabinieri di Bellolampo, Pioppo, e Montelepre, che furono occupate.
Dal febbraio del 1944 la Sicilia fu retta da un Alto Commissario. Dopo il
lavoro di un’apposita Consulta entro la quale operarono tra gli altri Giovanni
Guarino Amella e Giuseppe Alessi, il 15 maggio 1946 il re Umberto II promulgò
un decreto legislativo che riconosceva alla Sicilia uno Statuto Speciale di
Autonomia. Lo Statuto verrà poi convertito in legge costituzionale il 26
febbraio 1948 dal parlamento della Repubblica Italiana.
Alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946, il MIS ebbe il
battesimo elettorale e ottenne lo 0,7% dei voti nazionali (8,7% in Sicilia) e
4
seggi. Vennero eletti Andrea Finocchiaro Aprile (34.068 voti), Antonino
Varvaro
(18.520), Concetto Gallo (14.749) e Attilio Castrogiovanni (10.514).
Il MIS partecipò alle prime elezioni regionali siciliane del 20 aprile 1947,
dove rimase fermo ai risultati del 1946, con 171.470 voti (8,8%) e nove
deputati: Andrea Finocchiaro Aprile, Gioacchino Germanà, Concetto Gallo,
Attilio Castrogiovanni, Giuseppe Caltabiano, Rosario Cacopardo, Gaetano Drago,
Francesco Paolo Lo Presti e Pietro Landolina.
Nelle elezioni politiche del 1948 il MIS con in testa Finocchiaro Aprile si
candidò nella lista Unione Movimenti Federalisti, ma ottenne solo 52 mila voti
con il 2,1 in Sicilia e lo 0,20 % in Italia, e nessun seggio.
Il Movimento scomparve dalla scena politica dopo le elezioni regionali del
1951, dove il MIS non ottenne nessun seggio, raggiungendo il 3,91%. Alla
sconfitta elettorale seguirono le dimissioni dalla presidenza di Finocchiaro
Aprile e di altri esponenti.
Diverse organizzazioni e partiti hanno fatto riferimento nel tempo a questa
corrente politica, come il Fronte Nazionale Siciliano, di ispirazione
socialista e progressista (fondato nel 1964), e il Movimento per
l’Indipendenza
della Sicilia, costituitosi ufficialmente il 22 aprile del 2004.
L’11 maggio 2009, nel corso di una conferenza stampa, i vertici del Movimento
hanno conferito la tessera di membro onorario al presidente della Regione
Siciliana Raffaele Lombardo, con la seguente motivazione: « Per essersi posto
al servizio della “causa autonomista” e per aver contribuito a risvegliare
l’identità e l’orgoglio del Popolo Siciliano », paventando l’ipotesi di
un’alleanza con il Movimento per le Autonomie, di cui è leader lo stesso
Lombardo.
In generale questi gruppi hanno ambito all’indipendenza per via pacifica e
democratica, evocando il diritto all’autodeterminazione della Sicilia.
Ma tali propositi non hanno mai ricevuto il consenso popolare, come
testimoniano i risultati elettorali delle elezioni regionali del 2006 e di
quelle politiche del 2008.
Ciò anche per il fatto che i movimenti siciliani non aspiravano più ad una
vera e propria indipendenza, ma ad una forte autonomia siciliana.
Ecco il punto cruciale: i vari Movimenti sicilianisti hanno abbandonato l’idea
dell’Indipendenza e il Popolo non li ha seguiti più.
Il documento per l’indipendenza verra presentato il  18 maggio 2013 , con la
costituzione del “Movimento Unione dei Siciliani”, indica i seguenti obiettivi
primari:
–    rafforzare l’unità dei Siciliani, sia in Italia che all’estero, intorno
ad un comune progetto politico di autonomia e indipendenza dell’Isola;
–    presentare un ricorso all’Alta Corte di Giustizia Europea per l’
annullamento del referendum del 1860 ;
–    avviare una raccolta di firme per l’autodeterminazione del popolo
Siciliano.

I gattopardi Sicilia

Vincenzo Allegra

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