Mandamento mafioso San Giuseppe Jato, guerra tra “vecchi” e “nuovi”

Durante la notte i Carabinieri del Gruppo di Monreale hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Palermo su richiesta della Procura distrettuale  che ha riguardato 16 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, nonché lesioni gravi, estorsione, illecita detenzione di armi, detenzione di sostanze stupefacenti, tutti delitti aggravati per essere stati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. L’operazione costituisce il compendio delle indagini condotte dal Nucleo Investigativo di Monreale relative al mandamento mafioso di San Giuseppe Jato all’esito delle quali, già in data 16 marzo 2016 – a conclusione dell’operazione convenzionalmente  denominata “QUATTRO.ZERO” – erano stati tratti in arresto numerosi esponenti apicali del sodalizio. Le indagini svolte, a partire dalla fine del 2014 e nei primi mesi del 2015, hanno registrato in presa diretta l’evoluzione delle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa di San Giuseppe Jato e della famiglia di Monreale, con particolare riferimento alle successioni al vertice del mandamento e della dipendente articolazione mafiosa.

E’ emerso, infatti, che, in considerazione dell’aggravarsi delle condizioni di salute dell’anziano boss Gregorio Agrigento, più volte ricoverato nei mesi di ottobre e novembre 2014, Ignazio Bruno ha ricoperto la reggenza del mandamento di San Giuseppe Jato, assumendo decisioni importanti sia nella ridefinizione dell’organigramma interno delle varie famiglie mafiose che lo compongono, in particolare quella di Monreale – che continuava a vivere un periodo di fibrillazione interna – sia accreditandosi e partecipando ad incontri e riunioni con esponenti apicali di altre articolazioni territoriali di cosa nostra, segnatamente del mandamento mafioso di Corleone. Il mutamento di leadership nel sodalizio mafioso di San Giuseppe Jato si è reso necessario per garantire la continuità nella gestione del suddetto mandamento, che risulta avere grande importanza strategica, in quanto di fatto controlla il cuore di un’importante zona economica della Sicilia occidentale.

A seguito dell’operazione conclusa nell’aprile 2013, si era anche venuto a determinare un vuoto nel panorama mafioso monrealese a causa dell’arresto del capo famiglia Vincenzo Madonia e di numerosi altri associati. Tale spazio di manovra veniva colmato con la decisione del nuovo vertice del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, nel frattempo ricostituitosi, di individuare il reggente della famiglia di Monreale in Giovan Battista Ciulla, arrestato poi nel marzo scorso. Nel periodo compreso tra gli ultimi mesi del 2014 ed gli inizi del 2015 in seno alla famiglia mafiosa di Monreale venivano registrate fibrillazioni a causa dell’intenzione di tessere nuove alleanze e di modificare in parte anche le strategie operative della locale consorteria criminale. Questa fibrillazione veniva ulteriormente amplificata dalla scarcerazione di Benedetto Isidoro Buongusto, avvenuta il 5 novembre 2014, dopo aver espiato la condanna ad anni 8 di reclusione per associazione di tipo mafioso. Le indagini permettevano di disvelare le nuove strategie operative perseguite dai vertici prevalentemente finalizzate a ricercare l’appoggio di Buongusto e di altri due soggetti a lui vicini. La nascita di questa nuova alleanza, ha aggravato i risentimenti già nutriti dai vertici del mandamento di San Giuseppe Jato nei confronti della famiglia monrealese sempre più invisa per la cattiva gestione degli affari e per aver sottratto parte dei ricavi derivanti dalla gestione degli stessi.

Proprio sulla scorta di tali accuse si delineavano i contorni di un progetto omicidiario, avallato dai vertici del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, in danno dei capi decaduti, primo tra tutti il Ciulla che è stato costretto a fuggire dalla Sicilia. La naturale conseguenza era la rapida disgregazione di questa nuova compagine criminale, monitorata nitidamente nel corso delle investigazioni. Con la fuga di CIULLA Giovan Battista nasceva, in capo ai vertici del mandamento jatino, l’esigenza di individuare un nuovo responsabile che si occupasse della gestione della famiglia mafiosa di Monreale. Su segnalazione dei componenti della famiglia Lupo veniva individuato Balsano Francesco (nipote del già capo famiglia Giuseppe Balsano, catturato latitante nel 2002 e morto suicida in carcere) nell’ambito di una riunione di mafia in cui è stato anche  sancito di esautorare e punire i componenti del gruppo legato a Ciulla. Ne è scaturita quindi una serie di episodi di intimidazione, aggressioni e minacce, tra cui a febbraio 2015, il grave atto intimidatorio ai danni di Buongusto, con il ritrovamento di una testa di capretto con una pallottola da caccia fuori dalla sua abitazione, e, pochi giorni dopo,  la missione punitiva della nuova famiglia reggente sempre ai sui danni e l’episodio di minaccia di morte all’ex braccio destro di Ciulla, Onofrio Buzzetta, che è poi riuscito a ottenere la protezione da parte del mandamento di Corleone.

Nel frattempo, l’intervento dei Carabinieri di Monreale faceva venir meno la reggenza della famiglia mafiosa di Monreale nel giro di appena dieci giorni con l’arresto di Balsano per detenzione illegale di armi e munizioni. Nel periodo successivo alle minacce ed azioni violente, si registrava un’apparente posizione defilata del vecchio gruppo a vantaggio della fazione emergente, che aveva ormai assunto il controllo della famiglia mafiosa, sotto la nuova reggenza appoggiata dai vertici del mandamento di San Giuseppe Jato. All’inizio del 2016, però, venivano intercettate alcune conversazioni nel corso delle quali si faceva riferimento ad una riorganizzazione del gruppo mafioso capeggiato da Buongusto che aveva l’obiettivo finale di spodestare a qualsiasi costo i Lupo e di riprendere il controllo della famiglia. Si preparava una vera e propria faida tra le due fazioni antagoniste, tenuto conto anche della disponibilità di armi da fuoco del gruppo appoggiato dai vertici del mandamento.

Altri tre infatti gli arresti in pochi mesi per detenzione illegale di armi da fuoco con matricola abrasa e numerose munizioni. Gli articolati approfondimenti investigativi condotti hanno altresì consentito di evidenziare una serie di reati fine del programma criminoso della compagine mafiosa, tra cui particolare importanza rivestono certamente le quattro vicende estorsive ai danni di imprenditori del settore edile e di commercianti, ricostruite in modo compiuto nel corso dell’indagine. Altrettanto rilevanti sono le attività investigative che hanno consentito di comprovare il reimpiego di parte dei proventi delle attività illecite nello spaccio di sostanze stupefacenti e nella realizzazione di una vasta piantagione di marijuana nelle campagne di Piana degli Albanesi.

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