La testimonianza di don Giacomo Ribaudo: “Nel ’93 Provenzano voleva dissociarsi”

E’ nota a tutti la fede religiosa che, a modo suo, accompagnò Bernardo Provenzano nel corso della sua vita. Non è un caso che, al momento della sua cattura, la masseria che lo ospitava era colma di Bibbie e santini.  Ebbene,  a 11 anni dalla sua cattura emergono testimonianze a dir poco scioccanti su quella che poteva essere la conversione più discussa della storia della mafia. A riportarla è padre Giacomo Ribaudo, parroco palermitano, nelle pagine del Giornale di Sicilia.

Alcuni mafiosi avrebbero riferito nel 1993 a padre Ribaudo della volontà di Bernardo Provenzano di dissociarsi. Il sacerdote ne avrebbe parlato con la Procura di Palermo, che rifiutò qualunque trattativa.

Il parroco della parrocchia di Maria Santissima del Carmelo ai Decollati ricorda il suo appello televisivo del ’93 in cui chiedeva ai mafiosi di convertirsi.

“Alcuni di questi – dice il sacerdote che è stato confessore di parecchi mafiosi – mi incontrarono dicendosi disposti a consegnarsi a condizione che, oltre a uno sconto di pena, non avrebbero mai rivelato nomi o fatti. Riportai la proposta ad alcuni magistrati della Procura di Palermo, tra cui Gian Carlo Caselli e Luigi Patronaggio, ma sono andato a sbattere contro un muro di gomma. C’è stato il rifiuto netto e categorico di accogliere le istanze dei mafiosi, perché, mi risposero, lo Stato non tratta con la mafia”.

“Già nel ’93 – conclude Ribaudo – Provenzano, latitante da trent’anni, era nel mazzo di coloro che si sarebbero voluti consegnare allo Stato, però le istituzioni hanno perso altri tredici anni per catturarlo. Ai mafioso non è stato permesso di consegnarsi alle loro condizioni, mentre ai terroristi rossi sì. Perché sono stati utilizzati due parametri diversi?”.

 

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