6 arresti per l’omicidio dell’avvocato Fragalà

Le indagini sull’omicidio dell’avvocato Vincenzo Fragalà, coordinate dalla Procura distrettuale di Palermo  ed eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, sono state riaperte a seguito di nuove intercettazioni e collaborazioni, terminando con l’emissione di un ordinanza di custodia cautelare a carico di 6 persone. Nei mesi di luglio 2013 e gennaio 2014, all’interno del carcere di Parma, venivano intercettati due distinti colloqui tra l’allora reggente del mandamento di Porta Nuova, Giuseppe Di Giacomo, e il fratello ergastolano Giovanni. Durante tali conversazioni emergeva chiaramente come i due mafiosi fossero a conoscenza che gli autori dell’omicidio dell’Avvocato erano affiliati al mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova e, in particolare, alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.

Nel 2015 un affiliato alla famiglia mafiosa ha manifestato la volontà di collaborare con la Giustizia, dichiarando, durante il primo interrogatorio, di essere a conoscenza delle modalità esecutive dell’omicidio dell’avvocato Fragalà confermando che gli autori dell’agguato erano stati Francesco Arcuri ( che ha pianificato la spedizione punitiva), Antonino Abbate, Salvatore Ingrassia e Antonino Siragusa (che hanno individuato la vittima e coperto gli aggressori). In aggiunta, specificava che all’esecuzione del delitto avevano partecipato due ulteriori soggetti mai emersi nella precedente attività di indagine: Paolo Cocco, che ha portato l’arma del delitto, e l’esecutore materiale Francesco Castronovo.

Le accuse del neo collaboratore nei confronti degli indagati risultavano assistite da molteplici e significativi riscontri di varia natura. Cocco è stato anche intercettato mentre confessava alla moglie di aver partecipato anch’egli all’omicidio. Le indagini facevano emergere, con profili di stringente contemporaneità rispetto all’aggressione, una linea professionale intrapresa con convinzione dal penalista in relazione alla quale i suoi assistiti, soprattutto quelli coinvolti in procedimenti di mafia, erano indirizzati ad assumere un atteggiamento di sostanziale apertura verso la magistratura. Pertanto in ordine al delitto rilevava la finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa cosa nostra, sia nello specifico, nell’ottica di piegare la condotta professionale dell’avvocato Fragalà a maggior rispetto nei confronti dell’organizzazione mafiosa e dei suoi esponenti, sia in generale, per l’implicito messaggio intimidatorio nei confronti dell’intera Avvocatura palermitana.

Lo stesso Chiarello ha dichiarato che l’ordine di aggressione era stato impartito perchè “… chistu era ‘un curnutu e sbirru” e “doveva parlare più poco” “non ci toccate se, né soldi e se ha oggetti, perché lui deve capire che non è una rapina, deve capire che deve parlare poco”.

 

POTREBBE INTERESSARTI